Il Giappone si appresta a segnare una svolta significativa nella lotta contro il gioco d'azzardo online. La Camera dei Rappresentanti ha recentemente dato il via libera a un disegno di legge volto a vietare la gestione e la promozione dei casinò online all'interno dei suoi confini. Tale misura, promossa dal Partito Liberal Democratico (LDP), sottolinea l'urgente necessità di affrontare le preoccupazioni crescenti associate al gioco patologico.
Il passaggio del disegno di legge alla Camera dei Consiglieri, previsto entro la fine di giugno, potrebbe dare forma a una normativa destinata a entrare in vigore senza indugi. Se adottata, la normativa imporrà un divieto totale sulla creazione, gestione e promozione di piattaforme di casinò digitale in tutto il paese. Il provvedimento include anche la rimozione di contenuti promozionali sui social media e su altre piattaforme web, richiedendo ai gestori di eliminare ogni riferimento ai siti vietati.
La proposta, nonostante il sostegno trasversale, non è priva di opposizioni. Il Partito Democratico Costituzionale del Giappone (CDP) ha manifestato scetticismo riguardo all'efficacia effettiva dell'applicazione delle nuove norme. Le preoccupazioni nascono soprattutto dal rapporto governativo pubblicato a marzo 2025, che indica come circa 3,37 milioni di giapponesi partecipino ogni anno a giochi su piattaforme non autorizzate. Questo equivale a una spesa complessiva stimata in 1,24 trilioni di yen, equivalenti a circa 8,1 miliardi di euro. Inoltre, dal 2019, le richieste di supporto legate alla dipendenza dal gioco sono aumentate di ben undici volte, portando sulla scena pubblica l'urgenza di una normativa interventista.
Nel caso di una doppia approvazione parlamentare, le autorità giapponesi sarebbero autorizzate a perseguire penalmente gli operatori e i promotori delle attività vietate. Le sanzioni previste includono multe fino a 500.000 yen (circa 3.200 euro) per i giocatori, e pene detentive fino a tre anni per coloro con precedenti specifici. Tuttavia, il successo di queste misure sembra fortemente legato alla collaborazione delle aziende tecnologiche internazionali, responsabili della sorveglianza e della rimozione proattiva dei contenuti proibiti. Il provvedimento, infatti, manca di sanzioni specifiche per le piattaforme che non adempiono.
Parallelamente all'approvazione del divieto, il Giappone si trova a dover affrontare difficoltà nel monitorare l'uso di VPN e l'accesso a siti con licenza straniera che rimangono una sfida aperta. In questo contesto, sono emersi strumenti autonomi di controllo, come BetBlocker, disponibile in lingua giapponese per aiutare i consumatori a limitare il loro accesso a siti di scommesse. Nonostante queste iniziative, si attende ancora l'annuncio di interventi istituzionali supplementari, come campagne di sensibilizzazione o potenziamento dei servizi di supporto.
Il disegno di legge ha ottenuto un ampio sostegno, con alcuni schieramenti politici che hanno manifestato riserve circa il forte accento sulle misure repressive, sottolineando anche la mancata predisposizione di risorse adeguate per affrontare la dipendenza patologica dal gioco.
Questa iniziativa si inserisce in una tendenza più ampia di regolamentazione restrittiva in Asia, con esempi simili in paesi come Cina e Singapore. Al contrario, l'approccio europeo è stato più orientato alla regolamentazione piuttosto che alla proibizione. Il rischio di impattare sul turismo è concreto, dato che in Giappone le attività di intrattenimento legate al gioco sono limitate a sale pachinko e pochi circuiti autorizzati per le scommesse sportive.
Con la scadenza della sessione parlamentare fissata per il 22 giugno, tutte le attenzioni sono ora rivolte alla decisione del Senato. In caso di approvazione definitiva, si assisterebbe al provvedimento più incisivo adottato dal Giappone in materia di gioco dai tempi della legge sui resort integrati del 2018. Una scelta legislativa che promette di riscrivere le regole del gioco e di fornire un nuovo quadro normativo per la gestione delle sfide digitali legate alla salute pubblica.