Le principali aziende tecnologiche americane, tra cui Intel, Micron, Qualcomm e Texas Instruments (TI), hanno recentemente inoltrato una richiesta formale al Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti. L'obiettivo è quello di mitigare o abolire i dazi del 25% che si intende applicare sull'importazione di semiconduttori. I colossi del tech hanno espresso preoccupazione per il fatto che queste misure potrebbero avere effetti negativi sul settore, minacciando così gli investimenti mirati all'espansione della produzione locale.
Come riportato da EE Times Europe, l'intervento di questi quattro giganti tecnologici rientra nel contesto delle consultazioni relative alla Sezione 232 del Trade Expansion Act del 1962. Tale sezione concede al presidente degli Stati Uniti il diritto di regolare l'importazione di beni qualora vi siano implicazioni per la sicurezza nazionale. L'ex presidente Donald Trump ha più volte dichiarato di voler imporre dazi almeno al 25% su microchip e materie prime legate alla loro produzione. Malgrado il sostegno formale delle aziende alla politica di ritorno della produzione negli USA, i leader del settore avvertono che tali tariffe doganali potrebbero in ultima analisi danneggiare gli interessi americani per via della complessità delle catene di approvvigionamento globali.
In particolare, Micron ha sottolineato la sua posizione come unico grande produttore di memorie negli Stati Uniti, con l'intenzione di investire 140 miliardi di dollari nei prossimi 20 anni per lo sviluppo della microelettronica domestica. Tuttavia, ha anche rilevato la necessità di acquistare attrezzature all'estero, situazione che potrebbe mettere l'azienda in svantaggio competitivo a causa delle nuove tariffe.
Dal canto suo, Intel ha affermato di essere uno dei tre principali produttori di chip avanzati al mondo, accanto a TSMC e Samsung. Ha avvertito che i nuovi dazi potrebbero ostacolare i suoi piani di investimento nei siti produttivi americani. Nel proprio comunicato, la società ha sottolineato che «la politica governativa dovrebbe sostenere le iniziative d'investimento, non ostacolarle», aggiungendo che «il ritorno di Intel alla leadership nei processi tecnologici è un obiettivo critico, ma dazi eccessivamente elevati rischiano di compromettere tali progressi».
Nel contempo, Qualcomm, che non possiede fabbriche proprie e si appoggia a unità produttive esterne, ha sostenuto che la dipendenza da componenti importati e la complessità della supply chain potrebbero ridurre la domanda interna. Un simile scenario influirebbe negativamente sulla sua posizione come leader mondiale negli standard RF (standard radiofrequenza). L'azienda ha inoltre ribadito il suo ruolo cruciale nello sviluppo degli standard 5G e 6G.
Anche Texas Instruments si è unita al coro delle proteste, pur appoggiando gli sforzi per rafforzare la produzione di semiconduttori negli Stati Uniti. Ha puntualizzato che, per garantire competitività a livello mondiale, le politiche governative devono stimolare tanto la domanda di microchip nazionali quanto l'investimento nel settore.
Vale la pena ricordare che il Dipartimento del Commercio USA ha concluso la fase di raccolta delle opinioni riguardo ai dazi il 7 maggio. Entro il 25 maggio, erano stati pubblicati 154 documenti da parte di rappresentanti del settore e delle autorità di diverse nazioni, tra cui Cina, Taiwan, Canada e Svizzera. In attesa dell'annuncio definitivo della __amministrazione Trump__, la tensione nel settore tecnologico continua a crescere.