La lunga battaglia legale di Intel contro l'Unione Europea si conclude con un'ulteriore riduzione della sanzione per abuso di posizione dominante. Il Tribunale dell'UE ha infatti ridotto la multa a circa 237,1 milioni di euro, accogliendo parzialmente le ragioni del colosso tecnologico.
Tutto ebbe inizio quindici anni fa, quando la Commissione Europea accusò Intel di aver offerto sconti illegali ai principali produttori di computer, tra cui Dell, Hewlett-Packard, NEC e Lenovo. L'accusa era di aver subordinato tali sconti all'acquisto prioritario dei suoi processori x86, con l'obiettivo di ostacolare la concorrenza di Advanced Micro Devices (AMD). La Commissione contestò che tali pratiche avessero violato le normative antitrust dell'UE, penalizzando l'innovazione e la libera concorrenza.
Nel 2009, l'UE inflisse a Intel una multa record di 1,06 miliardi di euro. Intel contestò immediatamente la decisione, dando il via a un complesso iter giudiziario. Nel 2022, il Tribunale dell'Unione Europea annullò parzialmente la sanzione, riducendola a 376,36 milioni di euro. I giudici riconobbero che la Commissione non aveva adeguatamente dimostrato che gli sconti di Intel avessero effettivamente danneggiato la concorrenza in modo significativo.
Ora, con una nuova sentenza emessa nell'ottobre del 2024, il Tribunale UE ha ulteriormente ridotto l'ammontare della multa di circa 140 milioni di euro, portandola alla cifra definitiva di 237,1 milioni di euro. Secondo il tribunale, questa cifra riflette «più accuratamente la gravità e la durata della violazione in questione». La Commissione Europea ha dichiarato di voler esaminare attentamente la decisione prima di valutare eventuali ulteriori passi.
La vicenda solleva interrogativi sull'efficacia delle politiche antitrust e sulla difficoltà di valutare l'impatto reale delle strategie commerciali delle grandi aziende tecnologiche. La decisione del Tribunale UE potrebbe avere implicazioni significative per future cause antitrust, in particolare in settori caratterizzati da forte innovazione e competizione.
Questo caso evidenzia la complessità delle leggi antitrust nell'era digitale, dove le aziende spesso competono offrendo servizi integrati e sconti complessi. La decisione finale del tribunale suggerisce una maggiore attenzione alla prova del danno effettivo alla concorrenza, piuttosto che alla semplice constatazione di pratiche commerciali aggressive.
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