La recente sconfitta dell'Italia contro la Norvegia ha lasciato nel suo terribile strascico un silenzio assordante e preoccupato da parte del presidente della FIGC, Gabriele Gravina. La sua espressione, una vera e propria maschera di cera, era eloquente mentre lasciava lo stadio di Oslo senza proferire parola. Per una figura pubblica che ha vissuto da protagonista l'ascesa dell'Italia a campione di Euro 2021 e che ha poi assistito impotente a due consecutive fallimentari campagne di qualificazione mondiale nel 2022 e adesso rischia per il 2026, il peso di un altro fallimento mondiale è insostenibile. Nonostante il successo agli Europei, l'Italia di Gabriele Gravina continua a navigare in acque agitate nel panorama calcistico internazionale, apparentemente immobile di fronte alle necessarie e urgenti riforme per risollevare un sistema in difficoltà.
Sotto osservazione è la figura di Luciano Spalletti, riconfermato Commissario Tecnico dopo un Europeo deludente in Germania. Tuttavia, è innegabile che i problemi siano più strutturali e che le difficoltà incontrate in questo gruppo di qualificazione impongano una riflessione più ampia su tutti i livelli della gestione calcistica italiana. Dopo l'illusoria parentesi della Nations League, che sembrava aver spinto la squadra a una ripartenza positiva, il recente ko di Oslo emerge come un ulteriore promemoria della fragilità della nostra compagine.
L'incubo che si materializza è quello di dover nuovamente affrontare il doloroso saga dei playoff, che in passato hanno imposto un tributo pesante, estromettendo gli azzurri nelle sfide contro Svezia nel 2017 e Macedonia del Nord nel 2021. La storia sembra ripetersi, con il rischio ormai concreto di dover guardare i prossimi Mondiali 2026 davanti alla televisione, per la terza volta consecutiva.
Il prossimo impegno vede l'Italia opporsi alla Moldavia al Mapei Stadium di Reggio Emilia. Una vittoria diventa necessaria, ma di per sé non rappresenterebbe una svolta decisiva né un'incoraggiante ripartenza dopo il disastroso passo falso norvegese. L'allarme ormai è evidente, non solo tra gli addetti ai lavori ma anche tra i tifosi che hanno seguito la squadra fino a Oslo, contestando apertamente la gestione del match.
L’eco delle urla e dei cori dei sostenitori italiani, anche sotto la pioggia, testimonia la profonda delusione e il malumore generale verso la dirigenza e le scelte tecniche. È una situazione carica di tensione, che rievoca i precedenti abbandoni dai vertici federali, come quelli di Giancarlo Abete dopo i Mondiali del 2014 e Carlo Tavecchio nel 2017.
Eppure Gravina, al contrario dei suoi predecessori, ha mantenuto il ruolo anche dopo l’amara disfatta mondiale del 2021 contro la Macedonia e ha visto consolidare la sua posizione venendo rieletto con ampie maggioranze. Ma ora, con un’altra debacle all'orizzonte, ci si interroga se lo status quo sia realmente sostenibile.
Nelle prossime settimane, decisive per le sorti della nostra nazionale, sarà cruciale osservare come la FIGC e il suo presidente intendano rispondere a questo ennesimo campanello d’allarme. Una mancanza di qualificazione ai Mondiali per la terza volta rappresenterebbe un terremoto senza precedenti, esigendo cambiamenti immediati e una riformulazione della strategia per recuperare credibilità e successo nel panorama del calcio mondiale. La speranza è che, dopo il ko di Oslo, si tracci un nuovo percorso capace di restituire all’Italia calcistica la sua storica dignità e peso internazionale.