Le parole pronunciate dal Ministro dello Sport, Andrea Abodi, potrebbero ridisegnare la percezione pubblica del Decreto Dignità. Un provvedimento nato nel 2018 con l’intento di arginare la ludopatia, che, secondo Abodi, non ha raggiunto i suoi obiettivi primari. La dichiarazione del ministro, che il decreto non avrebbe realmente contrastato la dipendenza dal gioco, appare come una confessione sincera e un'aperta critica alle attuali normative.
In effetti, le statistiche parlano chiaro. Oltre un milione di italiani combatte quotidianamente contro le ombre della dipendenza dal gioco, contribuendo a un giro d’affari parallelo costituito dal mercato nero, che genera miliardi di euro ogni anno. Paradossalmente, i divieti pubblicitari, anziché proteggere, sembrano aver creato terreno fertile per l’offshore illegale. Gli operatori ufficiali si trovano costretti a rispettare rigidi protocolli senza la possibilità di distinguersi adeguatamente dai concorrenti illegali.
È chiaro quindi come il concetto di “responsabilità sociale” nello sport stia affrontando una trasformazione cruciale. Oggi, il gioco responsabile non si limita più a una mera adesione normativa. Le principali aziende del settore investono ingenti somme in iniziative di Corporate Social Responsibility (CSR). Al centro di questa trasformazione ci sono le tecnologie basate sull'intelligenza artificiale, che offrono promesse concrete per la prevenzione della dipendenza da gioco. Il raggiungimento di un equilibrio tra tutela sociale ed esigenze economiche non è più un'utopia ma una necessità strategica per garantire la sopravvivenza e la crescita dell’intero sistema sportivo italiano.
Facendo un passo indietro, osserviamo come il Decreto Dignità, sei anni dopo la sua introduzione, mostri crepe evidenti nel suo impianto proibizionista. I dati parlano di un aumento significativo delle attività di betting illegale online dal 2019. Le autorità italiane hanno potenziato le loro azioni di contrasto, ma con difficoltà riescono a tenere il passo con la crescita del mercato non autorizzato. Gli operatori legali, nel frattempo, sono imbrigliati in regolamenti che li limitano, sia in termini di pubblicità sia nella possibilità di comunicare chiaramente la sicurezza dei loro servizi.
Altrove in Europa, paesi come il Regno Unito e la Germania hanno intrapreso percorsi normativi diversi, combinando una regolamentazione rigorosa con una comunicazione responsabile verso il pubblico. La European Gaming and Betting Association (EGBA) sostiene questa tendenza, fornendo dati che dimostrano l’efficacia della trasparenza. Ad esempio, oltre 20 milioni di europei utilizzano strumenti di gioco più sicuri, con più della metà dei clienti che ha attivato limiti di gioco volontari.
La posizione di Abodi si allinea dunque con l'idea di un pragmatico ritorno alla distinzione netta tra legale e illegale, fondamentale per proteggere davvero i consumatori finali. Si solleva così la questione di come possa comunicarsi la legalità in un ambiente dove regnano confusione e opacità.
A questo proposito, molti operatori del betting in Italia stanno trasformando la responsabilità sociale da semplice esigenza normativa a vero e proprio vantaggio competitivo. Esempi di questo trend sono visibili nelle aziende come Sisal e Lottomatica. Sisal, ad esempio, attraverso obiettivi come zero giocatori problematici entro il 2030 e impegno per la parità di genere, mostra come gli impegni CSR possano realmente avere un impatto sociale. L'azienda sta inoltre investendo in algoritmi avanzati che utilizzano l'AI per rilevare comportamenti di gioco a rischio prima che si sviluppino in dipendenze conclamate.
Lottomatica ha ottenuto il riconoscimento “Negligible Risk” per il proprio approccio sostenibile, integrando obiettivi sociali e ambientali e ponendo grande enfasi sulla protezione dei minori, superando i requisiti normativi tradizionali. L'azienda collabora con istituzioni accademiche per sviluppare ulteriori studi sui comportamenti di gioco tra i giovani.
Nel panorama europeo, molti operatori hanno utilizzato la responsabilità sociale come una sorta di barriera d’ingresso, privilegiando chi investe davvero in prevenzione. Questa “selezione naturale” del mercato potrebbe essere una chiave per un futuro più sostenibile, orientato non solo al profitto ma al benessere dei consumatori.
Rimane però un vuoto da colmare, quello delle partnership tra sport e betting, particolarmente in vista di iniziative educative e preventive. Mentre in altre nazioni questo tipo di collaborazione ha portato a notevoli successi, in Italia persiste un divario significativo. Le federazioni sportive potrebbero giocare un ruolo cruciale nella sensibilizzazione e prevenzione, ma queste risorse restano largamente inesplorate.
La recente proposta di destinare l’1% dei proventi delle scommesse sportive all’educazione e prevenzione potrebbe fare da catalizzatore per nuove sinergie. Eppure, è fondamentale garantire che questa percentuale non rappresenti un ulteriore sforzo per gli operatori legali ma un’opportunità di crescita sostenibile.
Alla luce di tutto questo, il messaggio del Ministro Abodi è chiaro: il futuro del betting sportivo in Italia richiede una trasformazione radicale, mettendo al centro la protezione delle fasce più vulnerabili attraverso modelli di collaborazione complessi e strutturati. Le decisioni strategiche prese oggi avranno un impatto duraturo sul mercato di domani, garantendo che la responsabilità sociale non sia più una scelta, ma una costante priorità.