Leandro Castán: Dal campo all'Ombra della speranza: Spalletti mi umiliò

Leandro Castán: Dal campo all'Ombra della speranza: "Spalletti mi umiliò"

L'ex difensore della Roma affronta un tumore al cervello e la rinascita personale

C'è stato un momento che ha segnato una rottura profonda nella vita di Leandro Castán. Era il 13 settembre 2014, allo Stadio Castellani di Empoli. Sembrava una partita come tante altre. La Roma era in campo e lui, fulcro della difesa, chiedeva il cambio a causa di un apparente fastidio muscolare. Nessuno avrebbe potuto immaginare che quei quindici minuti avrebbero segnato la fine della sua carriera come calciatore. "È morta una parte di me", racconta oggi Castán, con una calma che tradisce profondità inesplorate di dolore e rassegnazione.

Allora ventisettenne, nel fior fiore della sua carriera, Castán era una colonna del calcio brasiliano e aveva un futuro radioso davanti a sé. Tuttavia, subito dopo quella serata, cominciò a vivere un incubo inaspettato. Fu sommerso da sintomi sconvolgenti: forti giramenti di testa, vomito implacabile, un dimagrimento che in breve tempo lo ridusse di venti chili; arrivò a trovarsi a letto, incapace di alzarsi. Mentre i medici parlavano genericamente di infiammazioni, lui cercava risposte che non arrivavano fino a quando, per puro caso, scoprì la verità su Twitter: "Leandro Castán ha un tumore al cervello".

Questa scoperta devastante gli crollò addosso come una sentenza. Una condanna che non riusciva a comprendere appieno. Solo dopo diverse settimane, un team medico gli spiegò che soffriva di un cavernoma cerebrale, una malformazione vascolare con potenzialmente esiti letali. Di fronte a lui si presentava una scelta brutale: rinunciare immediatamente al calcio o sottoporsi a un'operazione chirurgica al cervello; una prospettiva che lo terrorizzava. La paura del suo destino e di un possibile risveglio trasformato lo bloccavano.

Tuttavia, due eventi sconvolsero ulteriormente la sua attuale lotta interiore. Scoprire che sua moglie era in attesa del loro secondo figlio e apparire come spettatore impotente durante una partita di quella Roma che una volta chiamava casa, cambiarono la sua prospettiva. Guardare la squadra senzad di lui gli lasciò un vuoto colossale, ma portò un'epifania: sentì la vita che premeva per trovare spazio e tornare a riempire il futuro. In quel momento cruciale, decise di affrontare il suo destino, sottoponendosi all'intervento chirurgico.

Il percorso verso la ripresa fu arduo. Ogni gesto comune, come semplicemente sorreggere un bicchiere d'acqua, o anche rialzarsi e deambulare, divenne un atto di sfida alla gravità della sua situazione. Tuttavia, Castán non era solo. Attorno a lui, crebbe una rete invisibile ma potente composta dalla sua famiglia, dai compagni di squadra, dai tifosi e in particolare dal club giallorosso. La AS Roma, in un gesto di profondità umana, rinnovò il contratto del giocatore nonostante l'incertezza del suo ritorno in campo, accollándose tutte le spese mediche dimostrando l'inestimabile valore del supporto umano. Le parole di affetto e incoraggiamento da parte di icone del calcio come Sabatini, De Rossi, Maicon, Alisson, e perfino Del Piero e Baresi raggiunsero Castán come una dimostrazione di solidarietà sportiva che egli non dimenticherà mai.

Ma nonostante il profondo sostegno, il ritorno in campo non si rivelò come Castán aveva immaginato. Una volta recuperato, nella sede di Trigoria, affrontò un freddo scontro con il nuovo allenatore, Luciano Spalletti, che con cruda sincerità gli fece capire che non sarebbe più stato il giocatore di una volta. La prospettiva di lasciare la Roma lo devastò. Ma come spesso accade con i momenti di crisi, queste parole si trasformarono in un ulteriore stimolo: risorgere era l'unica cosa che poteva fare per onorare il gioco che una volta lo fece sentire vivo. "Ovunque sarei andato, avrei camminato a testa alta", si era promesso.

Il suo viaggio lo portò a Torino, a Cagliari, finché decise di tornare nel suo Brasile, vestendo le maglie del Vasco da Gama e successivamente del Guarani. Anche se la feroce e imperiosa presenza che aveva caratterizzato i suoi giorni in difesa non era più la stessa, aveva conquistato profondità umana e saggezza. Oggi, a trentotto anni, Leandro Castán sorride con serenità. Mentre studia per ottenere la licenza di allenatore, aspira a trasmettere ciò che la vita gli ha insegnato: ricorda che la forza non deriva solo dai muscoli, ma anche dal cuore.

Sogna ancora di tornare all'Olimpico, ma questa volta da spettatore privilegiato delle sue imprese, mostrando ai suoi figli il campo che fu testimone delle sue battaglie calcistiche e personali. "Porterò i miei figli lì e dirò loro: 'Guardate, papà ha giocato qui. E, in mezzo a queste sfide, ha vinto la sua partita più difficile'", ricorda Leandro Castán, non solo come ex calciatore, ma come uomo rinato dalle sue stesse ceneri.

Pubblicato Venerdì, 18 Luglio 2025 a cura di Marco P. per Infogioco.it

Ultima revisione: Venerdì, 18 Luglio 2025

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