La Corte di Cassazione ha suscitato l'interesse del mondo giudiziario e fiscale italiano con una recente sentenza che ha accolto parzialmente il ricorso di una contribuente siciliana. Questa decisione riguarda una intricata disputa fiscale connessa al Prelievo Erariale Unico (Preu) sugli apparecchi da intrattenimento dotati di vincita in denaro. Questi dispositivi erano stati sequestrati durante attività di controllo, sollevando numerosi interrogativi sulla correttezza delle procedure adottate.
La controversia affonda le sue radici in un accertamento effettuato dall'amministrazione finanziaria nei confronti della contribuente, alla quale era stato imputato l'obbligo di versamento del Preu, in conformità all'articolo 110, comma 6, del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. Inizialmente, il ricorso era stato rigettato dalla Commissione Tributaria Provinciale, seguita da una seconda pronuncia sfavorevole in appello, dove quest'ultimo era stato dichiarato inammissibile a causa dell'assenza di motivazioni specifiche.
La Corte di Cassazione, tuttavia, ha dato credito alle preoccupazioni sollevate nel secondo motivo del ricorso avanzato dalla contribuente. I giudici hanno sottolineato come il giudizio di secondo grado avesse sottovalutato l'importanza dell'effetto devolutivo pieno dell'appello tributario, che autorizza il contribuente a ripresentare integralmente le critiche già espresse nel primo grado di giudizio. Nel ricorso in appello venivano infatti articolati rilievi significativi riguardo al metodo di accertamento forfettario adottato dall'amministrazione. In particolare, si evidenziava la mancata descrizione tecnica degli apparecchi sequestrati e l'assenza di giustificazioni sulla mancata lettura dei dati, oltre che l'assenza di un contraddittorio prima della distruzione dei dati stessi, questioni considerate vitali dalla Cassazione per appurare la conformità legale delle azioni amministrative e il rispetto del diritto alla difesa.
Nonostante l'accoglimento del secondo motivo, la Suprema Corte ha respinto gli altri due motivi di ricorso. Il primo, riguardante una presunta violazione del diritto al contraddittorio a causa del mancato avviso da parte della Commissione Tributaria Regionale in udienza, è stato fermamente ritenuto infondato. I giudici hanno spiegato che la corretta osservanza dei termini perentori e dei requisiti di un atto di impugnazione sono responsabilità della parte in causa, che dovrebbe dimostrarne diligenza minima. Analogamente, il terzo motivo di ricorso, che lamentava la nullità della sentenza per sua apparente mancanza di motivazione, è stato rigettato, in quanto la mancanza di motivazione può essere contestata solo come vizio processuale nella fase di legittimità.
Dal momento che la Cassazione ha deciso per l'annullamento della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, la vicenda è stata rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, che in una diversa composizione, dovrà rivalutare il caso prestando particolare attenzione anche alle implicazioni delle spese giudiziali. Questa decisione riapre il dibattito sulla correttezza dell'accertamento forfettario del Preu e sull'adeguatezza delle garanzie difensive messe a disposizione dei contribuenti in procedimenti tributari specialmente complessi come quelli legati al settore degli apparecchi da gioco.