Il documento conclusivo sulla riforma del calcio riconosce le criticità di un settore che ha un rilevante impatto sociale ed economico, contribuendo con 11,3 miliardi di euro al PIL nazionale. Contiene diciotto punti operativi influenzati dai contributi di quaranta audizioni con società e operatori del settore, che evidenziano l'inadeguatezza di alcune normative e la necessità di aggiornamenti. Il legislatore, rispettando l'autonomia del calcio, offre linee guida al Governo per interventi mirati a migliorare la sostenibilità economica del settore, che ha registrato gravi perdite economiche, perdendo competitività rispetto ad altri campionati europei. L'enfasi è posta sull'aumento dei ricavi e sulla riduzione dei costi.
Il senatore Paolo Marcheschi, capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Cultura e relatore del documento, descrive i principali aspetti della riforma, che include la costruzione di nuovi stadi e infrastrutture, lo sviluppo dei vivai e del calcio femminile, la gestione dei diritti televisivi, il contrasto alla pirateria, la revisione della 'ex quota Totocalcio', e la riduzione dei costi del lavoro e delle mediazioni.
I cambiamenti che riguardano la giustizia sportiva
Inoltre, la riforma prevede cambiamenti nella giustizia sportiva, nell’autonomia degli arbitri e promuove l'equità delle competizioni tra società con bilanci sani, supportando anche le società dilettantistiche. Sull'argomento del 'decreto Dignità', che ha vietato le pubblicità delle società di scommesse, Marcheschi ritiene opportuno un bilancio dopo sei anni: la norma, elusa nei fatti, non ha raggiunto gli obiettivi di contrasto alla ludopatia e ha danneggiato il campionato italiano, riducendo le entrate per le società di calcio di quasi 100 milioni di euro l'anno.
Iniziative e progetti contro la ludopatia
L'aggiornamento del decreto è visto come un modo per incrementare le risorse da reinvestire in iniziative efficaci contro la ludopatia e in progetti infrastrutturali e giovanili.
Infine, l'atto d'indirizzo, che sarà approvato la prossima settimana, non include il 'decreto Crescita' appena rimosso dal governo Meloni, perché si ritiene che eventuali benefici fiscali debbano andare a chi investe nei vivai, nelle infrastrutture e nel calcio femminile, anziché in calciatori stranieri che non contribuiscono al valore del campionato e limitano le opportunità per i giovani calciatori italiani nella Nazionale.
Fonte: agimeg.it