YouTube, la piattaforma di streaming video più famosa al mondo, si ritrova nuovamente al centro di un acceso dibattito. Questa volta, il fulcro della questione riguarda pirateria, pubblicità e diritti d'autore. Sebbene il servizio di Google sia essenziale per una parte del settore dell'intrattenimento, dall'altro funge anche da canale non intenzionale per la diffusione illecita di contenuti protetti, creando un paradosso intrigante dove le violazioni del copyright possono tramutarsi in opportunità di guadagno.
A far luce su questo problema complesso è stata una recente ricerca condotta dalla società di analisi pubblicitaria Adalytics. Lo studio era originariamente concepito per valutare l'efficacia delle campagne pubblicitarie dei clienti di Adalytics, ma ha rivelato una verità sorprendente: ci sono migliaia di contenuti "premium" caricati illegalmente su YouTube. Krzysztof Franaszek, fondatore di Adalytics, ha riportato che sono state individuate oltre 9.000 presunte violazioni di copyright, comprendendo un vasto catalogo che include film di alto profilo, nuove uscite cinematografiche, esclusive di Netflix, note serie televisive e persino eventi sportivi trasmessi in diretta.
Un elemento di grande rilevanza è che questi contenuti non autorizzati hanno accumulato collettivamente oltre 250 milioni di visualizzazioni. Un esempio particolarmente significativo è il remake live-action di "Lilo & Stitch" di Disney. Uscito ufficialmente nelle sale il 23 maggio 2025, il film è stato visualizzato illegalmente su YouTube da oltre 200.000 utenti, una cifra che si potrebbe tradurre potenzialmente in milioni di euro di mancati introiti per la casa di produzione.
Non sorprende che YouTube abbia prontamente risposto alle accuse. Un portavoce della società, Jack Malon, ha definito lo studio di Adalytics come un'iniziativa di marketing ingannevole, criticando quella che ha descritto come una sostanziale incomprensione del funzionamento del sistema di gestione dei copyright di YouTube. Al centro della strategia della piattaforma c'è il Content ID, un avanzato meccanismo di "impronta digitale" che esamina ogni video caricato per rilevare eventuali corrispondenze con i contenuti registrati dai titolari dei diritti. Solo nel corso dell'ultimo anno, secondo Malon, il sistema di Content ID ha identificato ben 2,2 miliardi di video potenzialmente illegali.
La questione si complica ulteriormente quando il sistema identifica una corrispondenza: i titolari dei diritti devono decidere se richiedere la rimozione del video oppure monetizzarlo, incassando i ricavi prodotti dalle inserzioni pubblicitarie associate al contenuto. Sorprendentemente, in circa il 90% dei casi, i detentori dei diritti optano per la seconda alternativa. Questa scelta trasforma così la pirateria da una semplice minaccia a un'opportunità inaspettata per generare entrate, con oltre 12 miliardi di dollari cumulativi versati ai titolari dei diritti, secondo dati recenti.
Tuttavia, questa dinamica ha creato malcontento tra diversi inserzionisti. La ricerca di Adalytics ha avuto origine proprio dalle loro lamentele: molti clienti hanno scoperto che fino al 60% della loro spesa pubblicitaria era indirizzata verso video che, in seguito, sono stati rimossi. La cancellazione di un video implica la scomparsa di tutti i dati relativi alla campagna pubblicitaria, lasciando le aziende senza informazioni sull'effettiva destinazione dei loro investimenti e sul tipo di contenuti che hanno inavvertitamente finanziato. Gli inserzionisti chiedono maggiore trasparenza, preoccupati che i loro marchi possano essere associati a contenuti illegali o inadeguati, un rischio reputazionale significativo nell'era digitale.