Il 2 settembre 2025, un tribunale di San Francisco ha emesso un verdetto storico contro Google, condannando la multinazionale tecnologica al pagamento di oltre $425 milioni per violazione della privacy. Questo epilogo è il risultato di un'azione legale collettiva che ha visto coinvolti 98 milioni di utenti, i quali hanno accusato l'azienda di non rispettare le loro impostazioni sulla privacy.
Il caso si è concentrato principalmente sulla funzione "Cronologia Web e Attività app" che, secondo gli utenti, non interrompeva correttamente la raccolta dei dati personali anche quando disattivata. I querelanti hanno accusato Google di continuare a raccogliere informazioni personali attraverso servizi di terze parti come Uber, PayPal, Venmo, e Meta Platforms, inclusi Instagram, nonostante le preferenze degli utenti.
Stando alle accuse, già dal 2016, Google avrebbe violato la legge sulla privacy dello stato della California, abusando della sua capacità di tracciare e analizzare i dati personali anche quando gli utenti pensavano di aver interrotto tale attività. Nonostante le promesse di rispettare le impostazioni di privacy, il verdetto ha dimostrato che si trattava di affermazioni ingannevoli secondo gli avvocati dei querelanti.
Durante il processo, Google ha sostenuto di avvertire chiaramente gli utenti che la disattivazione della funzione comportava solo l'anonimizzazione dei dati, i quali però sarebbero stati ancora monitorati per ottenere statistiche aggregate per applicazioni esterne. Benedict Hur, rappresentante legale di Google, ha dichiarato che gli utenti venivano informati tramite un messaggio esplicito che richiedeva conferma per comprendere quali dati sarebbero comunque stati raccolti e i motivi dietro tale decisione.
Nonostante queste difese, la giuria ha stabilito che Google fosse responsabile per due dei tre capi d'accusa, pur sottolineando che la condotta della compagnia non fosse malintenzionata, evitando così ulteriori sanzioni punitive.
La questione ha attirato una notevole attenzione, considerando le iniziali richieste di risarcimento pari a $31 miliardi. Alla luce della sentenza, ogni utente interessato riceverà circa $4.
A seguito della decisione, Google ha fatto sapere per mezzo del portavoce Jose Castaneda che ricorrerà in appello, affermando che il verdetto malinterpreta il funzionamento dei suoi prodotti. Castaneda ha sottolineato come gli strumenti di privacy di Google siano concepiti per consentire agli utenti di mantenere il controllo sui propri dati, e che le impostazioni di personalizzazione vengano rigorosamente rispettate quando disabilitate.
Questa vicenda rappresenta un punto di svolta significativo sui diritti alla privacy nell'era digitale, ribadendo l'importanza di normative chiare e illeciti che garantiscono una protezione adeguata dei dati personali. Si prevede che il caso avrà ripercussioni non solo per Google ma anche per altre aziende tech globali, stimolando nuovi dibattiti su come bilanciare innovazione e tutela della privacy degli utenti.