In un sorprendente ribaltamento giudiziario, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello di una società contro il Comune di Cattolica e la Regione Emilia-Romagna, annullando i provvedimenti che imponevano la chiusura della sala giochi situata in via Dante. Questa struttura era stata considerata in violazione delle normative regionali in quanto ubicata a una distanza inferiore ai 500 metri dalla chiesa di Sant’Antonio, un cosiddetto “luogo sensibile”.
La vicenda è parte di una più ampia discussione sulla regolamentazione del gioco d'azzardo in Italia, dove le autorità comunali e regionali hanno il compito di proteggere la salute pubblica dall'influenza negativa della ludopatia. A questo scopo, il Comune di Cattolica aveva adottato nel 2017 una mappatura delle aree sensibili per distanziare i centri del gioco da queste ultime. La società gestore della sala giochi aveva impugnato la delibera comunale e l'ordinanza di chiusura, sostenendo che queste misure producevano un effetto espulsivo che di fatto rendeva impossibile continuare l'attività sul territorio comunale, infrangendo il principio di proporzionalità.
Il Consiglio di Stato, basandosi anche su una perizia tecnica realizzata dal Politecnico di Milano, ha riconosciuto che solo lo 0,004% del territorio di Cattolica era realmente disponibile per la delocalizzazione delle attività di gioco. Questo dato ha evidenziato l'impraticabilità reale di una ricollocazione, non consentendo una reale alternativa all'impresa, che si è vista costretta ad affrontare una decisione amministrativa che imponeva a chiudere i battenti senza offrire soluzioni praticabili.
I giudici hanno ritenuto che le norme comunali, seppur ideate con lo scopo legittimo di proteggere la salute pubblica, imponevano restrizioni che non risultavano né proporzionate né giustificate, compromettendo diritti economici acquisiti e la libertà d’impresa. La sentenza ha quindi deciso di annullare la delibera comunale n. 218/2017, che approvava la mappatura dei luoghi sensibili, e la comunicazione del 23 luglio 2019, con cui si imponeva la chiusura della sala giochi entro sei mesi.
Interessante è stata anche la parte della sentenza che ha respinto la richiesta di risarcimento danni avanzata dalla società. Questa richiesta è stata giudicata generica e non corroborata da prove sufficienti, portando il Consiglio di Stato a compensare le spese legali del doppio grado di giudizio tra le parti coinvolte.
Questa sentenza rappresenta un importante precedente per gli operatori di gioco legale in tutto il Paese, riaffermando l’importanza di definire misure contro la ludopatia che siano efficaci ma non punitive, bilanciando adeguatamente l’interesse pubblico e la necessaria protezione delle attività imprenditoriali già esistenti. Questo equilibrio è essenziale per garantire che le politiche di regolamentazione del gioco possano essere avvertite come giuste ed eque, proteggendo entrambe le parti coinvolte nella controversia.