Una nuova complessa indagine della Procura di Roma ha portato alla scoperta di un presunto sistema di scommesse clandestine che si sarebbe svolto sfruttando partite di tennis. Al centro dell'inchiesta c'è un 35enne di nazionalità russa, accusato di orchestrare questo sofisticato piano che coinvolgerebbe numerosi complici strategicamente dislocati nelle tribune dei tornei principali.
Secondo le accuse, il russo pubblicava annunci online con l'apparente intento di offrire lavori part-time molto attraenti per gli amanti del tennis. I criteri di selezione erano chiari: conoscenza del regolamento tennistico e un semplice telefono cellulare. La paga, davvero allettante, variava da 50 a 70 euro per ogni incontro, con la prospettiva di coprire le spese di viaggio e garantire l'accesso agli eventi sportivi grazie a biglietti inviati anticipatamente. Tuttavia, dietro questa facciata si celava un'obiettivo ben diverso. I partecipanti selezionati non erano semplici spettatori, ma erano istruiti a comportarsi come veri e propri "disturbatori", agendo intenzionalmente per destabilizzare i giocatori e influenzare così l'esito delle partite.
Il ruolo del presunto capo della rete, identificato come un "courtsider", era quello di raccogliere dati in tempo reale dagli incontri. Questa attività legale in alcune giurisdizioni, come nel Regno Unito, consiste nel fornire informazioni istantanee agli scommettitori, azione che sfrutta il lieve ritardo nella registrazione ufficiale del punteggio da parte dei bookmaker. Nonostante la sua apparente legalità nel contesto internazionale, la Guardia di Finanza italiana non ha tardato a intervenire quando ha colto il sospettato in flagrante durante gli Internazionali di Tennis di Roma. Utilizzando una particolare applicazione non autorizzata, l'uomo avrebbe trasmesso dati che permettevano agli scommettitori di piazzare puntate vincenti con una frazione di secondo di vantaggio.
Il Messaggero mantiene viva l'attenzione sulla vicenda riportando le dichiarazioni dell'avvocato del 35enne russo, il quale contesta fermamente le accuse mosse al suo cliente. L'assenza di prove concrete di comportamenti volti a turbare le prestazioni degli atleti o a falsare i risultati delle gare rimane il punto focale della difesa. "Questo fermo solleva numerosi dubbi", afferma l'avvocato, "e potrebbe essere un malinteso derivante da una conoscenza incompleta del sistema delle scommesse anglosassoni in cui il mio cliente opera legittimamente". L'obiettivo della difesa sarà dimostrare in tribunale la liceità e la trasparenza dell'attività del presunto "courtsider".
La vicenda getta luce su uno spaccato del mondo del gioco d'azzardo e delle scommesse sportive, settori che, seppur regolamentati, si prestano a scappatoie e sfruttamenti di zone grigie legislative. L'indagine romana potrebbe segnare un punto di svolta nella lotta alla manipolazione delle competizioni sportive in Italia, ma al contempo evidenzia la necessità di maggiore chiarezza normativa e di cooperazione internazionale per arginare fenomeni simili su scala globale.