L'eco del tragico agguato al pullman dei tifosi del Pistoia basket, costato la vita a uno degli autisti, continua a risuonare. A Rieti, le indagini hanno portato all'arresto di tre ultrà della Sebastiani basket, accusati di omicidio volontario. Uno di loro, Alessandro Barberini, ha ammesso di aver partecipato al lancio di sassi, tentando però di minimizzare il proprio ruolo.
"Volevamo fargli vedere chi eravamo noi, che non avevamo paura", ha dichiarato Barberini, secondo quanto riportato da La Repubblica. "Anche io ho tirato un sasso, in tanti lo abbiamo fatto. Ma il mio non è stato quello che ha ucciso". Una confessione parziale, che non chiarisce del tutto la dinamica dei fatti e soprattutto non individua il responsabile del gesto fatale.
Barberini, 53 anni, ha aggiunto di aver colpito la parte centrale del pullman con una pietra "piccola". Un racconto che contrasta con la gravità delle conseguenze, la morte di un uomo. Un altro dei presunti partecipanti all'agguato avrebbe inoltre rivelato un intento ancora più minaccioso: "Se avessimo preso l’autista avremmo fatto una strage". Parole che, se confermate, delineerebbero uno scenario di violenza premeditata e di pericolosità sociale elevata.
L'azione, secondo quanto ricostruito, sarebbe stata preceduta da un clima di tensione all'interno del palazzetto durante la partita di basket. "Ci sono state delle schermaglie accese", ha ammesso Barberini. Dopo l'incontro, il gruppo di tifosi avrebbe cercato lo scontro fisico con i supporter di Pistoia, ma la presenza della polizia li avrebbe indotti a ripiegare sul lancio di sassi contro il pullman.
Nelle sue dichiarazioni, Barberini ha coinvolto anche Giuseppe Aguzzi, indicato come il capo della curva Terminillo e destinatario di un Daspo insieme agli altri indagati. "Con noi c’era anche Giuseppe Aguzzi. Eravamo in macchina, abbiamo aspettato che passasse il pullman e ci siamo messi lungo il guardrail", ha raccontato. Tuttavia, ha negato di sapere chi abbia lanciato il "sasso grosso" che ha causato la morte dell'autista: "Non mi sono reso conto che c’era una persona morta".
L'udienza di convalida degli arresti di Alessandro Barberini, Manuel Fortuna e Kevin Pellecchia si è tenuta il 23 ottobre 2025 davanti al Gip del Tribunale di Rieti. L'accusa di omicidio volontario è pesante e riflette, secondo gli inquirenti, l'intenzionalità dell'azione, nonostante i tentativi degli indagati di ridimensionare il proprio coinvolgimento. La vicenda giudiziaria è destinata a sviluppi futuri, con l'obiettivo di accertare le responsabilità individuali e fare piena luce su un episodio di violenza inaudita che ha sconvolto il mondo dello sport. Le indagini dovranno chiarire chi ha materialmente lanciato il sasso mortale e se vi sia stata una premeditazione nell'organizzazione dell'agguato.
Al di là delle responsabilità penali, resta aperto il tema della prevenzione e del contrasto alla violenza negli stadi e nelle manifestazioni sportive. Un fenomeno complesso, che richiede un impegno congiunto da parte delle istituzioni, delle società sportive e della società civile. È necessario promuovere una cultura del rispetto e della legalità, educare i giovani ai valori dello sport e contrastare ogni forma di intolleranza e di odio.