Djokovic sposta il torneo ATP da Belgrado ad Atene: una scelta simbolica che unisce Sport e Politica

Djokovic sposta il torneo ATP da Belgrado ad Atene: una scelta simbolica che unisce Sport e Politica

Il campione serbo prende posizione nelle tensioni politiche della Serbia, spostando il suo torneo in risposta alle proteste contro il governo

Novak Djokovic, uno dei tennisti più influenti del panorama mondiale, non ha mai avuto paura di schierarsi su questioni cruciali, instaurando un dialogo continuo tra il suo viaggio sportivo e le sue posizioni personali. Stavolta, però, la sua decisione di spostare il torneo ATP dalle rive del Danubio, nella festosa Belgrado, agli orizzonti dell'Oaka Olympic Arena di Atene segna un momento cruciale non solo nella sua carriera, ma anche nel rapporto tra sport e politica in Serbia.

Il 4 agosto, il mondo tennistico ha assistito all'annuncio ufficiale: il Belgrade Open, storicamente gestito dalla famiglia Djokovic, non si terrà più nella capitale serba ma sbarcherà in Grecia, dove il sapore classico della storia ellenica si unirà alle emozioni del tennis moderno dal 2 all'8 novembre. Con il fratello Djordje al timone come direttore del torneo, Djokovic ha così conferito un nuovo significato al suo impegno sportivo, rispecchiando una scelta che va ben oltre le semplici logiche logistiche.

Ma perché proprio Atene? Secondo le speculazioni dei media greci e serbi, questo passo rappresenta una risposta ferma e simbolica alle dinamiche interne serbe, specialmente al clima politico reso incandescente dalla tensione tra il campione e il governo del presidente Aleksandar Vucic. Da diverso tempo, infatti, il tennista si è schierato apertamente con il movimento studentesco che sfida il crescente autoritarismo del capo dello Stato, denunciando apertamente, senza mai compromettere la sua integrità, la violenza contro i manifestanti.

La Serbia è attraversata da un'ondata mai vista di proteste civili, una sorta di vulcano sociale risvegliatosi dopo il crollo di una pensilina, tragico evento occorso nel novembre 2024 a Novi Sad, che ha mietuto molte vite innocenti. Questo dramma ha scatenato l'indignazione popolare, mobilitando studenti, intellettuali e cittadini comuni in oltre 150 città, accomunati dalla volontà di combattere la corruzione e l'accentramento di potere.

Nel pieno fermento delle proteste, Djokovic ha usato il suo palcoscenico globale per esprimere sostegno ai giovani e a tutti coloro che lottano per un futuro più equo in Serbia. Ricordiamo le sue parole agli Australian Open: “Condanno la violenza contro i manifestanti. Il mio sostegno va ai giovani e a chi costruisce il futuro del nostro Paese”. Concetti rafforzati a Wimbledon, quando ha espresso solidarietà ai manifestanti, dichiarando: “Sto con il popolo, con i giovani. Quello che succede è inaccettabile. Ci sono scene orribili, e provo solo simpatia e sostegno per chi protesta”.

Questo contesto rende il trasferimento del torneo non solo una questione sportiva o commerciale, ma un potente gesto simbolico. Nonostante il governo serbo avesse tentato di minimizzare le parole di Djokovic definendole non politiche ma messaggi di pace, la realtà appare distinta. I media espressione del potere hanno cercato di ridurre l'enorme visibilità del campione in patria, un eroe sportivo che, attraverso le sue azioni, insiste nel voler essere anche una voce di libertà e giustizia.

L'idea stessa di spostare l'ATP a Atene, accoltovi anche dalla possibilità di stabilirvi la residenza, indica una volontà di andare oltre il campo in terra battuta. In un certo senso, Djokovic, pur portando il suo torneo lontano dai confini serbi, non abbandona i suoi connazionali ma piuttosto solleva un appello alla libertà, un grido sottile ma potente. Il messaggio è chiaro: la libertà, inclusa quella sportiva, non è negoziabile, e il suo intento sembra risuonare senza bisogno di proclami o comizi. Dopotutto, come Djokovic ben sa, il potere dell'azione spesso supera il rumore delle parole.

Pubblicato Giovedì, 07 Agosto 2025 a cura di Marta B. per Infogioco.it

Ultima revisione: Giovedì, 07 Agosto 2025

Marta B.

Marta B.

Trentasei anni, giornalista pubblicista, lo sport è al centro della mia vita. L'ho praticato con gioia negli anni giovanili (calcio, atletica leggera), lo pratico ora per puro piacere. Lavoro come giornalista free lance e curo prevalentemente articoli di cronaca sportiva e interviste ai protagonisti dello sport, dal calcio fino ai motori.


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