Una svolta tecnologica proveniente dagli Stati Uniti potrebbe segnare un punto di svolta per l'energia nucleare, affrontando due delle principali criticità che ne limitano l'adozione su larga scala: l'efficienza e la gestione delle scorie radioattive. Un team di ricercatori dell'University of Mississippi ha sviluppato un metodo innovativo per migliorare le prestazioni del combustibile utilizzato nei reattori a fissione, con l'obiettivo di massimizzare la produzione di energia e minimizzare la quantità di rifiuti radioattivi.
L'energia nucleare da fissione è riconosciuta per la sua elevata densità energetica e la sua capacità di produrre elettricità senza emissioni dirette di anidride carbonica. Tuttavia, i costi elevati, i lunghi tempi di realizzazione degli impianti e, soprattutto, la complessa gestione delle scorie radioattive hanno limitato la sua diffusione. Attualmente, negli Stati Uniti, l'energia nucleare copre circa il 20% della produzione elettrica complessiva.
Il gruppo di ricerca, guidato da Samrat Choudhury, professore associato di ingegneria meccanica, si è concentrato sullo studio dei processi che avvengono all'interno del reattore durante il funzionamento. Il combustibile metallico, esposto a intense sollecitazioni termiche e nucleari, tende a gonfiarsi nel tempo. Questo rigonfiamento provoca ripetuti contatti tra il combustibile e il rivestimento esterno, chiamato cladding, che ha la funzione di isolare il combustibile e prevenire la dispersione di materiali radioattivi. Nel corso degli anni, questi urti compromettono l'integrità del cladding, rendendolo più fragile e limitando la vita operativa del reattore.
La soluzione proposta dai ricercatori consiste nell'integrare il combustibile metallico con nanoparticelle di nitruro di uranio. Studi precedenti avevano già dimostrato che queste particelle microscopiche sono in grado di intrappolare gas di fissione e altri sottoprodotti radioattivi. I nuovi esperimenti hanno confermato che l'interfaccia tra le nanoparticelle e la matrice metallica del combustibile agisce come una "trappola", impedendo a questi prodotti di migrare verso il cladding.
Questo approccio offre duplici vantaggi. In primo luogo, il combustibile può rimanere più a lungo all'interno del reattore, consentendo di estrarre una maggiore quantità di energia dalla stessa quantità di materiale. In secondo luogo, rallentando il degrado del cladding, si migliora la sicurezza complessiva dell'impianto. Come ha spiegato Indrajit Charit, responsabile del Dipartimento di Ingegneria Nucleare dell'Università dell'Idaho, aumentare il cosiddetto burnup del combustibile significa ridurre il ritmo con cui si accumulano scorie esauste.
Secondo Choudhury, l'impatto potenziale di questa tecnologia è significativo: se il combustibile può essere utilizzato più a lungo, la quantità totale di rifiuti radioattivi prodotti nel corso della vita di un reattore diminuisce. La gestione delle scorie rappresenta uno dei principali ostacoli politici e sociali all'adozione dell'energia nucleare. Una riduzione sostanziale dei rifiuti potrebbe rendere questa fonte energetica più accettabile per governi e opinione pubblica, soprattutto in un contesto globale che richiede urgentemente fonti di energia a basse emissioni di carbonio per mitigare i cambiamenti climatici.
La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica Advanced Materials Interfaces, rappresenta un passo avanti promettente verso un futuro energetico più sostenibile. Tuttavia, prima di arrivare a un'applicazione industriale, saranno necessari ulteriori test in condizioni operative reali e la collaborazione con partner industriali disposti a investire nello sviluppo di questa tecnologia innovativa. L'interesse per nuove tecnologie nucleari è in crescita, con diverse startup e aziende consolidate che esplorano reattori di nuova generazione e processi di riciclo del combustibile per ridurre ulteriormente le scorie e migliorare la sicurezza. L'Italia, pur avendo abbandonato il nucleare nel 1987 a seguito di referendum, sta valutando nuove tecnologie come i piccoli reattori modulari (SMR) che potrebbero offrire maggiore flessibilità e sicurezza rispetto alle centrali tradizionali.


