Il Giappone, sotto la pressione internazionale e su influenza della precedente amministrazione USA, introduce nuove e rigorose normative per il controllo delle esportazioni di prodotti a doppio uso. Questa decisiva misura, che vedrà attuazione a partire da questo giovedì, comporterà un incremento esponenziale degli articoli sottoposti a verifica, passando da un modesto valore di riferimento a uno scambio commerciale di $30,6 miliardi, un volume quasi venti volte superiore rispetto al passato.
Precedentemente, il regolamento giapponese richiedeva alle aziende di ottenere il nulla osta per le esportazioni solamente verso dieci paesi, tra cui Afghanistan, Corea del Nord e Iraq, seguendo sostanzialmente le restrizioni imposte dalle risoluzioni delle Nazioni Unite. L'autorizzazione era necessaria per una gamma ristretta di prodotti come strumenti per ingegneria meccanica, radar, microprocessori, droni e i loro componenti, incluso l'equipaggiamento di navigazione e dispositivi di prova per chip elettronici.
Con l'introduzione delle nuove disposizioni, tutti i paesi, ad eccezione di 27 nazioni già soggette a rigidi controlli, tra cui Stati Uniti, Corea del Sud ed i membri dell'Unione Europea—noti come il gruppo “A” ai fini giuridici giapponesi—saranno soggetti a queste revisioni giornaliere. Infatti, l'amministrazione centrale giapponese valuterà in maniera stringente le motivazioni d'uso delle merci esportate da parte delle nazioni riceventi.
Punto nevralgico di queste regole sono le microchip integrati. La quantità di esportazioni di questi prodotti essenziali verso regioni come Taiwan e Sud-est Asiatico, compresa la Cina, sarà soggetta a maggiori accertamenti. Se la componente esportata ha una potenziale applicazione bellica, allora gli esportatori dovranno ottenere una formale autorizzazione dal Ministero del Commercio giapponese.
Le violazioni non resteranno impunite: trasgressori delle nuove normative potrebbero affrontare pene detentive fino a sette anni, mentre infrazioni minori saranno gestite con sanzioni amministrative onerose. Anche la Cina, che è tra i maggiori importatori di impianti giapponesi per la produzione tecnologica diversificata, risentirà effettivamente di questi nuovi vincoli. In precedenza, le aziende giapponesi avevano realizzato ingenti profitti attraverso la vendita di tecnologie produttive alla Cina a seguito delle restrizioni degli Stati Uniti.
Considerando gli ampliati poteri di controllo sulle esportazioni, persino i prodotti identificati come “universali” rischiano di accusare interferenze se usati per scopi legati alla difesa. Le esportazioni verso nazioni del gruppo “A”, come gli Stati Uniti e la Corea del Sud, richiederanno un esame ulteriore se si sospetta che i beni siano destinati, anche indirettamente, alla Cina.
Questa misura restrittiva inevitabilmente influirà sulla disponibilità di prodotti giapponesi in Russia, anche nel caso in cui cerchino di entrare attraverso canali indiretti o triangolazioni commerciali. Gli esportatori giapponesi sono ora di fronte a un panorama normativo profondamente mutato, che altera i flussi commerciali globali e riposiziona la strategia industriale giapponese in merito alla sicurezza e alla collaborazione internazionale.