Massimo Cellino, figura di spicco nel panorama calcistico italiano e noto ex presidente del Cagliari, torna a far parlare di sé attraverso una profonda riflessione sullo stato attuale del calcio italiano. Recentemente intervistato dall'Unione Sarda, Cellino ha espresso il suo disincanto, ricco di nostalgia e amarezza, a seguito della retrocessione del Brescia in Serie C. Questo sentimento emerge in un momento particolarmente critico per Cellino, che da maggio si è astenuto dal commentare la situazione, mantenendo un eloquente silenzio.
La retrocessione del Brescia non è solo un duro colpo sportivo ma anche il risultato di complicanze burocratiche, in particolare una penalizzazione legata all'uso di crediti fiscali inesistenti. Cellino, che afferma di aver agito in buona fede, ha vissuto questo nodo come un tradimento del sistema calcistico, che per certi versi percepisce come irriconoscibile e distorto rispetto agli anni in cui guidava il Cagliari, una squadra che nonostante le difficoltà, rappresenta per lui un periodo d'oro.
Durante la sua guida al Cagliari, durata ben 22 anni, Cellino ha costruito una storia fatta di successi e sfide, valorizzata da momenti indimenticabili che ancora oggi definisce come la sua giovinezza. In un mondo calcistico che egli denuncia come dominato da interessi economici e guidato da una Federazione che ha perso di vista i valori autentici, Cellino sottolinea con rammarico: "Chi prova a opporsi viene annientato."
I suoi commenti rispecchiano il disincanto verso un sistema calcistico che non riconosce più. Nel 2017, Cellino ha acquistato il Brescia, una mossa che definisce non dettata dall'amore, ma dalla volontà di costruire qualcosa di solido. Tuttavia, si è trovato di fronte a debiti inattesi, tra cui 12 milioni di euro di IVA, che ne hanno complicato la gestione. "Il Brescia non è mai stato amore," ammette Cellino, delineando una scelta che, a posteriori, ritiene poco avveduta.
La sua determinazione, tuttavia, non è stata scalfita dalla pandemia di Covid-19, che ha scombinato i piani di molti, portando a tensioni interne ed esterne. Lontano da scoraggiarsi, Cellino ha trasformato queste sfide in simbolismi scaramantici: "Quel luogo è malvagio. Se avessi saputo che il club fosse fondato il giorno 17, non l'avrei comprato."
Cellino riflette anche su vicende simili vissute da altri presidenti di illustri società come Parma e Napoli, suggerendo una situazione economica complessa che affligge molte realtà calcistiche italiane. In un gesto simbolico di fede, ha costruito una cappella presso il centro sportivo del Brescia, un voto per una promozione che non si è realizzata ma che testimonia la sua integrità e devozione alle tradizioni.
Nonostante le avversità, Cellino non si considera una vittima ma un uomo intrappolato in un meccanismo reso vano da regolazioni e decisioni altrui. Riconosce le circostanze negative che hanno portato alla situazione attuale, osservando con occhio critico che mentre la Sampdoria si è vista accolta con debiti significativi, lui è stato costretto a pagare il prezzo della transazione di titoli mal condotta.
Questa intervista è una finestra sulla carriera di un uomo che ha vissuto il calcio non solo come un affare economico ma come una passione che lo ha accompagnato in ogni scelta. La sua storia con il Brescia, nonostante le difficoltà, non è ancora conclusa, e il suo desiderio di tornare a quei giorni gloriosi del passato resta forte, simboleggiando una lotta continua per la purezza del calcio. Cellino invita tutti a riflettere su un sistema che va ricostruito, un panorama dove la trasparenza e il vero amore per lo sport devono ritrovare il loro spazio.