Il Tribunale di Bari ha messo la parola fine a un estenuante processo iniziato nel 2018, portando all'assoluzione con formula piena del noto imprenditore di Foggia, Alessandro Di Bello. Al centro della vicenda giudiziaria un'indagine di vasta portata che aveva svelato intricati legami tra la mafia e il settore del gioco online e delle scommesse illegali.
La sentenza arriva come un colpo di scena, dopo che per sette anni Alesssandro Di Bello ha vissuto sotto l'ombra delle accuse. Insieme a lui, un altro individuo accusato, Fabrizio Gerolla, è stato anch'egli assolto. Le indagini originavano da una maxi operazione sostenuta dalle Procure di Bari, Reggio Calabria e Catania, che ha dato luogo complessivamente a settantotto arresti, sedici dei quali in Puglia.
Nel mirino dell'inchiesta erano finite figure chiave della criminalità organizzata barese. Tra gli imputati, i baresi Andrea Gaiti e Gianpaolo Mapelli sono stati condannati a due anni e sei mesi di reclusione ciascuno per dichiarazione fraudolenta tramite l'uso di fatture per operazioni inesistenti. Oltre alla pena detentiva, è stata applicata a loro una confisca di 954.789 euro.
Le indagini hanno portato alla luce una rete associativa complessa e ben strutturata. Questa organizzazione non solo teneva sotto controllo una vasta porzione del territorio nazionale ma si estendeva a livello globale, coinvolgendo luoghi dai contorni esotici come Panama, Brasile, Colombia, Paraguay, Argentina in Sudamerica, e anche Nigeria in Africa. Le ramificazioni europee toccavano invece paesi come Romania e Russia, arrivando fino in Vietnam in Asia.
Questo schema funzionale si basava su una precisa gerarchia composta da master, agenti e sub-agenti, ciascuno dei quali giocava un ruolo fondamentale nell'espansione e nel controllo capillare del mercato dei giochi e delle scommesse illegali. Mentre il processo ha scandagliato le profondità di tale organizzazione, il ribaltamento che la sentenza ha portato è in parte dovuto alla mancanza di prove dirette contro Di Bello e Gerolla.
L'assoluzione di Alessandro Di Bello rappresenta una svolta significativa e mette in discussione le modalità operative con cui l'indagine è stata condotta. Il caso riaccende il dibattito sulla lotta al crimine organizzato e sulle sue sfide, sottolineando ancora una volta l'importanza di un sistema giudiziario rigoroso e giusto. In un'infuocata conferenza stampa successiva alla sentenza, i legali di Di Bello hanno dichiarato che il loro assistito è stato finalmente liberato da un'infamia che non avrebbe mai dovuto affrontare, rivendicando la sua innocenza sin dall'inizio delle accuse.