Tesla
è finita sotto i riflettori a seguito di un verdetto giudiziario che ha riconosciuto la sua responsabilità, seppur parziale, in un incidente mortale avvenuto nell'aprile del 2019. Al centro della vicenda vi è un modello
Model S
che, con la funzione
Autopilot
attivata, ha travolto due persone a un incrocio.
L'incidente, che ha avuto luogo su un T-intersezione a circa 100 km/h, è stato innescato dal conducente che, distratto dal tentativo di recuperare il suo telefono caduto, ha perso il controllo del veicolo. Il veicolo ha attraversato l'incrocio e ha investito una coppia ferma sul ciglio della strada, causando il decesso istantaneo della donna e gravi ferite al suo compagno.
Tesla ha da sempre sostenuto la sua estraneità diretta nella tragedia, argomentando che il conducente avesse in realtà disattivato l'Autopilot premendo sull'acceleratore e prendendo così il controllo del veicolo. Tuttavia, un'indagine condotta dal portale
Electrek
ha svelato dettagli scioccanti su come la casa automobilistica avrebbe tentato di occultare prove compromettenti.
Gli esperti legali hanno scoperto che il computer di bordo del veicolo aveva inviato una videoregistrazione e altri dati cruciali ai server di Tesla, subito dopo l'incidente, cancellando immediatamente la copia locale come da protocollo. Questo comportamento aveva fatto apparire all'inizio Tesla come cooperativa nelle indagini, indirizzando le autorità verso una strada sbagliata.
I rappresentanti di Tesla avevano perfino collaborato nella stesura di un documento ufficiale che apparentemente concedeva un'ampia facoltà di accesso ai dati, ma che, in realtà, offriva solo informazioni marginali. A titolo di esempio, erano stati forniti i registri delle chiamate telefoniche del conducente.
Gli sforzi per recuperare dati critici dai componenti del sistema di intrattenimento (MCU) e dall'unità di controllo del veicolo (ECU) erano stati vanificati da Tesla stessa. Un tecnico della compagnia aveva dichiarato, sotto giuramento, di non poter recuperare i dati, affermando che gli stessi risultavano danneggiati o persi. Tuttavia, un esperto indipendente assoldato dagli avvocati delle vittime è riuscito a creare una copia digitale completa del contenuto della memoria del computer incriminato. Ciò ha rivelato l'esistenza di un archivio contenente i dati dell'incidente, che Tesla aveva effettivamente archiviato sui suoi server.
Solo dopo cinque anni dall'accaduto, questa scoperta ha permesso di richiedere ufficialmente la copia dei dati a Tesla. Durante quel periodo, l'azienda aveva continuato a sostenere di non possedere informazioni dettagliate sull'incidente. Inoltre, l'analisi dettagliata ha confermato che il pilota non aveva realmente preso il controllo manuale del veicolo, che continuava a essere guidato dall'autopilota in un momento in cui avrebbe dovuto cedere il controllo al conducente, secondo la programmazione standard. Malgrado il conducente avesse riconosciuto la propria colpa per essersi distratto, la giuria ha deciso di attribuire una parte della responsabilità anche a Tesla per il malfunzionamento dell'autopilota.
Questo caso mette in luce importanti interrogativi sulla sicurezza e sull'affidabilità delle tecnologie autonome, evidenziando al contempo le pressioni legali che le aziende affrontano nel bilanciare innovazione e responsabilità.
