La Corte di giustizia tributaria
di primo grado di
Modena
ha emesso una sentenza clamorosa, respingendo un ricorso inerente a un considerevole contenzioso fiscale. Si tratta di oltre
13 milioni di euro
, legati all'imposta sui redditi derivanti da presunte attività di gioco illecito. Al centro di questa intricata vicenda c'è il sospetto di un'operazione criminale organizzata, svelata grazie a un'inchiesta penale che ha gettato luce su una complessa rete illegale con tentacoli estesi in diverse regioni del
Paese
e oltre i confini nazionali.
Secondo le accuse, il sistema scoperto gestiva una notevole operazione di gioco d'azzardo tramite
2.500 apparecchi elettronici
connessi a piattaforme non autorizzate e presumibilmente situate all'estero. Questo ha permesso di generare ricavi nascosti per oltre
29 milioni di euro
. Al cuore della disputa legale, c'è la figura di un ricorrente, accusato di fungere da tecnico e fornitore delle attrezzature usate per il gioco, collaborando con due società che ne gestivano l'installazione. La difesa si è opposta fermamente a queste accuse, sostenendo che il ruolo del ricorrente fosse puramente tecnico e marginale, e ha cercato di dimostrare la qualità sproporzionata delle somme imputate.
Nondimeno, il collegio giudicante ha avvallato la posizione dell'Amministrazione finanziaria, fondata su un quadro legale che permette il raddoppio dei termini in presenza di un'indagine penale. È stato riconosciuto il valore probante delle evidenze penali, comprese intercettazioni e atti raccolti durante l'inchiesta. I giudici hanno stabilito che l'apporto del ricorrente fosse decisamente maggiore di quanto sostenuto dalla difesa, notando incrementi patrimoniali significativi in breve tempo, incompatibili con un ruolo considerato semplicemente ausiliario.
Concludendo, la Corte ha affermato che il meccanismo contestato operava mascherato da gioco apparentemente legittimo, ma in realtà aveva lo scopo di generare vasti profitti tramite piattaforme di gioco prive di autorizzazione. La determinazione della consistenza dei ricavi è stata fatta con criteri presuntivi, considerati congruenti in mancanza di dati certi, in accordo con le linee guida della
Suprema Corte
.
La sentenza finale non solo conferma la debenza delle somme richiamate, ma infligge al contribuente il pagamento delle spese legali. Questo episodio rientra in un contesto più ampio di lotta ai circuiti paralleli di gioco e scommesse, un settore dove le autorità indaganti hanno evidenziato la necessità di adottare strumenti di controllo sempre più robusti per prevenire le infiltrazioni criminali organizzate.
