La recentissima sentenza emessa dalla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Treviso ha suscitato grande interesse nel settore dell'intrattenimento e non solo. La decisione è arrivata a seguito dei ricorsi avanzati da una società, nota per l'installazione e la distribuzione di apparecchi da intrattenimento, insieme al suo socio unico, contro gli avvisi di accertamento della Agenzia delle Entrate di Treviso.
I giudici hanno accuratamente esaminato le contestazioni mosse dall’ufficio finanziario e, dopo aver valutato le argomentazioni presentate, hanno annullato i primi due rilievi contenuti negli atti impositivi, mantenendo invece la validità del terzo. Questo risultato parziale rappresenta un passo significativo per la società, sebbene non del tutto risolutivo.
La questione aveva avuto inizio a seguito di controlli dell'ADM su tre apparecchi installati presso diversi esercizi commerciali. Questi dispositivi erano risultati manomessi, privi di gusci di protezione e del dispositivo antimanomissione della scheda di gioco. Sulla base di questi accertamenti, erano state mosse tre specifiche contestazioni alla società.
Il primo rilievo, riguardante una cifra di oltre 18.000 euro, era correlato a un presunto incremento di ricavi dovuto alle macchinette in questione, che l’amministrazione dei monopoli aveva classificato come contraffatte. Tuttavia, il collegio giudicante ha ritenuto infondata questa assunzione. È stato spiegato come il semplice fatto che terzi avessero manomesso le apparecchiature non giustificasse l'attribuzione di un reddito imponibile alla società, il che rendeva inesatto il calcolo dell’amministrazione.
L’annullamento del secondo rilievo è stato motivato dal fatto che l’ufficio aveva dedotto dai bilanci aziendali un saldo negativo nel sottoconto “cassa contanti”, presunto indicatore di ricavi non riportati. Tuttavia, la Corte ha stabilito che tale presunzione, supportata unicamente da massime della Corte di Cassazione, non fosse sufficientemente motivata nel contesto specifico della dinamica aziendale. È stato chiarito come l’azienda avesse fornito spiegazioni dettagliate e documentate, dimostrando che il saldo negativo era episodico e derivante da giroconti tra cassa e banca, e non da pagamenti in nero.
Per quanto concerne il terzo rilievo, i giudici hanno confermato l’addebito dovuto alla carenza di documentazione probatoria. La società non aveva presentato prove concrete in fase ispettiva in grado di giustificare le minusvalenze patrimoniali e le sopravvenienze passive iscritte a bilancio. Le spiegazioni relative al ciclo di vita breve delle componenti delle macchine da gioco non erano suffragate da documenti pertinenti, né dimostrative della necessità delle sostituzioni effettuate. Di conseguenza, in mancanza di riscontri adeguati, la ripresa dell’ufficio è stata considerata legittima.
Questa sentenza evidenzia l'importanza della trasparenza e dell’accuratezza documentale nei rapporti tra aziende e agenzie fiscali, un tema che rimane centrale nel contesto economico attuale. Resta da vedere come questa vicenda influenzerà futuri casi simili e se verranno apportate modifiche normative per chiarire ulteriormente le responsabilità in materia fiscale nel settore dell’intrattenimento.