La Corte d’Appello di Napoli – sezione Lavoro e Previdenza – ha emesso una sentenza che ha segnato la conclusione di una lunga battaglia legale durata ben 9 anni. La corte ha infatti annullato una sanzione amministrativa di 50mila euro inflitta al titolare di una tabaccheria per la mancata esposizione dei cartelli informativi sui rischi del gioco d’azzardo patologico, una misura che era stata imposta senza possibilità di valutare la gravità del fatto o le circostanze specifiche. L'episodio nasce da un'ordinanza-ingiunzione emessa nel giugno 2016, quando all’esercente era stata contestata la violazione della normativa prevista dall’art. 7, comma 5, del decreto-legge 158/2012, successivamente convertito nella legge 189/2012, nota come Legge Balduzzi. Questa legge obbligava i gestori di sale da gioco e chi aveva all'interno della propria attività apparecchiature per il gioco pubblico a esporre avvisi informativi predisposti dai servizi sanitari territoriali sui rischi connessi al gioco d’azzardo e sulla disponibilità di servizi per la cura del gioco d'azzardo patologico (GAP). Tuttavia, la mancata esposizione di tali avvisi prevedeva una severa sanzione fissata in 50mila euro, importo che non permetteva alcuna differenziazione basata sulle dimensioni del locale, il numero di apparecchi da gioco presenti o la gravità dell'inadempienza.
Nel caso specifico, il proprietario della tabaccheria, che possedeva un solo apparecchio da gioco, si è ritrovato a dover affrontare una sanzione molto pesante per la mancata esposizione di una targa informativa. L'appellante ha fatto ricorso contro la decisione di primo grado, argomentando che la legge prevedesse un sistema sanzionatorio non proporzionato e che l'importo della multa fosse eccessivo rispetto alla gravità dell'inadempimento rilevato. In particolare, ha sollevato una questione di legittimità costituzionale della norma, già contestata in giudizi precedenti. La Corte d'Appello di Napoli ha accolto l'impugnazione facendo riferimento alla sentenza n. 185/2021 della Corte Costituzionale, che aveva dichiarato incostituzionale l'art. 7, comma 6, del decreto-legge 158/2012. La Consulta aveva evidenziato come la norma punisse in modo uniforme violazioni di diversa natura senza considerare le circostanze individuali del caso. In questo contesto, la previsione di una pena fissa senza possibilità di graduazione era stata giudicata in contrasto con gli articoli 3 e 41 della Costituzione Italiana e con i principi sanciti dalla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU).
La corte ha sottolineato che la dichiarazione di incostituzionalità ha un effetto retroattivo, il che implica la non applicabilità della norma nonostante il contenzioso fosse in corso. In virtù di tali ragioni, l'ordinanza-ingiunzione è stata annullata, e la sentenza di primo grado è stata riformata. Nonostante il lungo iter giudiziario, le spese legali per entrambi i gradi di giudizio sono state compensate, dato che la decisione finale è dipesa dall'intervento successivo della Corte Costituzionale. Questa pronuncia non solo rappresenta una vittoria importante per il tabaccaio coinvolto, ma fornisce anche un precedente significativo. In seguito alla declaratoria di incostituzionalità, non esiste più una base normativa per l'imposizione della sanzione fissa di 50mila euro, evidenziando la necessità di un ritorno a un sistema di sanzioni più equo e tarato sulle specifiche realtà di ciascun caso. Questo lungo processo richiama l'attenzione sull'importanza di applicare il principio di proporzionalità nelle sanzioni amministrative e sulla capacità della giustizia di correggere eventuali storture legislative, anche se ciò richiede, come in questo caso, molti anni.