La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Basilicata ha emesso una sentenza significativa in materia di responsabilità tributaria nel settore del gioco pubblico, respingendo l'appello dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM) in un contenzioso riguardante l'omesso versamento del Prelievo Erariale Unico (PREU). La vicenda trae origine dall'accertamento di presunte manomissioni su apparecchi da intrattenimento (slot machine) installati in un esercizio commerciale di Potenza.
Il caso, emblematico per le sue implicazioni, solleva una questione giuridica ancora oggi molto discussa: la responsabilità solidale in ambito fiscale per la gestione di slot machine alterate, in particolare quando queste sono installate da soggetti terzi, ovvero i gestori dei locali. L'accertamento era stato notificato al gestore del locale, ritenuto responsabile in solido per il mancato versamento di oltre 80.000 euro di imposte, derivante dalla presenza di due slot machine regolarmente dotate di nullaosta, ma equipaggiate con una seconda scheda di gioco non connessa alla rete telematica dei Monopoli. Secondo l'Agenzia, questo sistema fraudolento avrebbe consentito l'evasione di una quota rilevante del PREU.
La difesa dell'esercente, già accolta in primo grado, si è basata sull'assenza di una sua partecipazione concreta alla manomissione degli apparecchi e sulla chiara identificazione del responsabile principale: il titolare della società proprietaria delle slot machine. In sede di appello, l'Agenzia ha insistito sull'applicabilità della responsabilità solidale, invocando l'articolo 39-quater del decreto-legge n. 269 del 2003, che include tra i soggetti potenzialmente responsabili anche il gestore del locale. Tuttavia, la Corte ha chiarito un punto fondamentale: la norma subordina espressamente la responsabilità solidale al caso in cui non sia possibile individuare l'autore materiale dell'illecito. In altre parole, quando l'autore è noto e identificato, come in questo caso, la responsabilità non può essere estesa ad altri soggetti della filiera, a meno che non vi siano elementi concreti che provino un loro coinvolgimento consapevole o colposo.
Il Collegio giudicante ha evidenziato come l'Agenzia, nel suo ricorso, si sia limitata a richiamare riferimenti normativi astratti, senza fornire una ricostruzione fattuale che dimostrasse l'effettiva responsabilità del gestore, sia sul piano oggettivo che soggettivo. Nei documenti processuali non è emersa alcuna prova di un ruolo attivo del gestore nella manomissione, né di una sua consapevolezza delle irregolarità tecniche delle macchine. Non sono stati forniti elementi che dimostrassero rapporti contrattuali tra il gestore e l'impresa proprietaria degli apparecchi tali da giustificare una sua partecipazione alla condotta illecita. In assenza di una responsabilità personale dimostrata, la Corte ha richiamato i principi generali in tema di sanzioni tributarie, facendo riferimento all'articolo 5 del decreto legislativo n. 472 del 1997, secondo cui nessuno può essere sanzionato se non per un fatto proprio, realizzato con dolo o colpa. Viene così esclusa ogni ipotesi di responsabilità oggettiva, un principio che, secondo la Corte, non è sempre adeguatamente recepito nella prassi fiscale, soprattutto in settori delicati come quello del gioco pubblico.
La Corte ha quindi ritenuto non necessario esaminare gli altri motivi del ricorso, applicando il principio della "ragione più liquida", secondo cui una controversia può essere decisa sulla base del motivo assorbente più agevole da scrutinare, anche se logicamente subordinato. Con questa decisione, che compensa le spese di giudizio tra le parti, si riafferma il principio di personalità della responsabilità nel diritto tributario, soprattutto in contesti ad alta tecnicalità come quello degli apparecchi da intrattenimento. La sentenza rappresenta un monito per le amministrazioni, invitandole ad agire con maggiore attenzione e rigore nella selezione dei destinatari degli atti impositivi, soprattutto quando la struttura normativa prevede responsabilità articolate e subordinate, come nel delicato equilibrio tra concessione pubblica e gestione privata del gioco lecito. Questo caso sottolinea l'importanza di una precisa individuazione delle responsabilità individuali, evitando di penalizzare soggetti che, pur operando nel settore, non sono direttamente coinvolti nelle attività illecite. La decisione della Corte, quindi, non solo tutela l'esercente di Potenza, ma fornisce un importante precedente per future controversie simili, ribadendo la necessità di una rigorosa applicazione dei principi di diritto tributario e di una maggiore attenzione nella valutazione delle responsabilità nel complesso mondo del gioco pubblico.
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